Camino do Norte


Diario di pellegrinaggio sul Camino del Norte

Quale cammino intraprendiamo questa volta?

La vicinanza al mare e una regione mai vista mi portano ad optare per il “Camino do Norte”. Facendo i Calcoli in rapporto del tempo a disposizione, arrivo a Oviedo quale partenza, ma visto che preferisco tenere una giornata di riserva, cerco qualcosa più a ovest dell’aeroporto e la scelta cade sul paesino di Cudillero.
Questa volta Aldo, il compagno del mio primo cammino, non può partire con me, decido di restare solo, ma parlando del viaggio con l’amico Bruno si mostra interessato ed entusiasta della proposta. Dopo qualche settimana mi comunica di avere un altro amico da invitare, Pierre, e così siamo in tre alla partenza.
I nuovi compagni si impegnano molto nei preparativi: tramite il loro parrocco riceviamo una credenziale da parte del Vescovo, e Pierre procura, grazie alla curia di Einsiedeln la “credencial” per il nuovo percorso. Ritirata la lettera del vescovo, il parroco di Tesserete ci accompagna tutti e tre in chiesa e dopo una piccola cerimonia ci benedice e augura un buon pellegrinaggio.
Bruno rimane alquanto stupito del fatto che sapevo recitare il padre nostro, mi conosce da pochi anni e non sa del mio trascorso d’infanzia in istituto di preti…tralascio d’informarlo in quante altre lingue posso recitarlo!
Devo dire che tutti questi preamboli si riveleranno di buon auspicio per il nuovo cammino intrapreso.

Giornata di trasferta e acclimatizzazione

5 maggio 2007. Malpensa – Madrid. La vastità di quest’ultimo aeroporto ci ha subito impressionato. Dalla zona di atterraggio, impieghiamo 20 minuti col bus per raggiungere quella destinata ai voli interni. Durante la sosta, al ristorante chiacchieriamo con una studentessa d’architettura che sta schizzando su un libretto alcuni dettagli di questa stupenda infrastruttura. Ci mostra, molto stupita del nostro interesse, altri suoi disegni realizzati; le racconto che vivo in una casa rotonda con molti vetri, e che quando c’è la luna piena riesco a spostarmi in casa senza accendere la luce.
Madrid – Avila, un pochino di ritardo, ma abbiamo tempo.
Col taxi raggiungiamo Cudillero. Il paese è arroccato sulle pendici della costa ed è formato da case una attaccata all’altra e dipinte di colori a tratti molto forti.
L’ambiente è sereno e tranquillo, passiamo davanti al circolo dei pescatori, dove un gruppetto canta delle canzoni popolari.
Mi colpisce un’insegna: invece di birreria, si legge: sidreria sui vari bar. Incuriositi entriamo e con stupore assistiamo alla cerimonia del sidro! Il cameriere pone la bottiglia all’altezza del capo e mira il bicchiere tenendolo il più lontano possibile dalla stessa verso il basso. Vengono serviti solo 2 dita di bevanda per bicchiere che va assaporata subito. Impressionante il gusto e la persistenza in bocca, che continua a manifestarsi anche per più di 10 minuti,dopo 15 minuti viene a versare, ripetendo la cerimonia, altre 2 dita.
Alla fine, da bravi profani, ci siamo serviti della rimanenza alla nostra maniera, scoprendo tutt’altri sapori e rompendo una secolare tradizione asturiana. Ovviamente non era per dar spettacolo che veniva servito in quel modo, infatti senza ossigenazione era quasi imbevibile questo particolare sidro di produzione artigianale. Cena a base di pesce nel ristorante “al remo” nella piazzetta centrale del paese.

Giornata di memorabili pascolate

Partiamo alle 7 e arriviamo a destinazione alle 20 in condizioni pietose. La mattinata promette bene, ottimo spuntino a Soto de Luina, dove scopriamo un nuovo meccanismo per mescere la sidra. Visto che l’oste magari non era così bravo a mirare il bicchiere, aveva applicato alla parete un baldacchino dove introducevi la bottiglia sotto un rubinetto e il bicchiere di traverso in un apposito anello, poi pompando aria nella bottiglia da un tubo ricurvo in inox finiva in caduta nel bicchiere. Gustiamo un buon panino di jamon serano con sottofondo di musica asturiana, che ha le stesse origini celtiche di quella della Galizia. Chiedo informazioni e mi scrive su biglietto in asturiano Texedor, poi mi disse che in spagnolo si scrive Tejedor.
Terminato lo spuntino, dopo la visita della locale chiesetta, vedo una stupenda costruzione nel giardino di una casa che ha alla base la stessa tecnica di costruzione degli “orios” trovati in Galizia, osservando bene la grandezza è nettamente diversa e in più mi sembrano anche abitabili. Mi confermano che si chiamavano “orios” anche qui. Proseguiamo il nostro cammino ma un dubbio ci assale, così… prima pascolata , 2,4 km in più! La tradizionale freccia gialla era posta dietro l’angolo, quindi dalla direzione di marcia non si vedeva, e ovviamente appena tornati sui nostri passi l’abbiamo vista!
Dopo una ventina di minuti primo quesito: ci sono due indicazioni con la conchiglia, scegliamo quella con specificato “camino”, ma purtroppo la stessa passa per la Sierras de las Palancas, ed è segnalata solo fino a metà percorso….
Il percorso che doveva costeggiare il mare, si è trasformato in un tipico percorso di montagna, e dopo l’apertura di vari cancelli e scrutando nuove vie, riusciamo a raggiungere la costa, ma per arrivare ad un nucleo con pensioni e ristoranti, occorrono ancora 7 chilometri in più alla discesa effettuata dalle alture.
Per ovviare alla delusione, visto che l’ostello è tutto occupato, ci permettiamo un mega agriturismo che senza dubbio meritava la nostra visita. Considerata la stanchezza e la stupenda camera, mi immergo nella vasca da bagno e finalmente mi rilasso. Inventario della giornata, fortunatamente terminata con una buona cenetta e buon vino: 30 km per poi avanzare solo di 20 km, con dislivelli importanti, fuori programma.

7 maggio: giornata di pascolate contenute

Dopo un’abbondante colazione, alle 9,30 (visto che era domenica ci stava) partenza con una giornata leggermente velata. Dopo pochi chilometri siamo già alla deriva, ma la deviazione ci regala una suggestiva vista sul mare. Con spirito gagliardo, arrampicandoci nei boschi e attraversando campi e fattorie ritroviamo subito la retta via.
Il cielo si apre e arriviamo in uno stupendo estuario dove entriamo in un ristorante fornitissimo di materiale da pesca; l’oste ci spiega, che dal mare risalivano i salmoni e quindi la zona era meta di appassionati.
Nel pomeriggio, in difficoltà in mezzo ai pascoli, siamo accompagnati da una simpaticissima ed arzilla vecchietta, che continua a commentare con “madre de Dios” quando la fotografo.
In serata giungiamo ad una bella cittadina sul mare, Luarca. Conosciamo l’oste Luis che con la sua giovane cuoca ci vizia con una squisita cena Asturiana, a base di zuppa di pesce con fagioli e merluzzo al sidro.
La giornata, caratterizzata da dolci Sali e scendi ha totalizzato un percorso di 26 km.

8 maggio: il mattino cantiamo, il pomeriggio…

Si parte con una segnaletica nettamente migliorata. Purtroppo ogni tanto il sentiero finisce in un prato con l’erba altissima. Piccola pascolata a Navia, dove d’improvviso non era più segnalato il percorso. Bruno disperato, vuole seguire i binari del treno, almeno, dice, arriviamo da qualche parte.
A 2 km della destinazione prevista, una candida pensione ci invita ad un cambiamento di programma, ma sadicamente ricordo ai compagni che li avremmo recuperati domani. Mi colpisce lo strano modo di sedersi degli asturiani, praticamente il piatto viene collocato all’angolo del tavolo e ci si siede di lato, appoggiando il gomito sinistro sullo stesso. Giornata di 25 km con continuo sali e scendi di 150 metri per volta.

9 maggio: giornata da shock felicemente terminata

Dopo aver subito la tipica “repenada” dalla padrona della pensione: alta, signora d’aspetto simpatico e gioviale, ma che nasconde una voracità d’avvoltoi senza scrupoli, partiamo col motto: “ qui non ci beccano più”! La giornata è splendida, nemmeno una nuvoletta.
Il percorso si presenta essere di 21 km, e senza grandi sorprese. Infatti è pianeggiante ma sotto un sole cocente.
A un certo punto, quasi al termine della tratta giornaliera, la cittadina si erge dall’altra sponda del fiume davanti a noi, ma vediamo un cartello indicante Ribadeo km 21. Che shock, erano i chilometri appena percorsi, ci informiamo fermando due ciclisti che passavano di li sul percorso possibile. La situazione è che l’unico ponte in questo estuario, sta subendo un ampliamento di corsia e quindi per il periodo dei lavori non è accessibile ai pedoni.
Non mi perdo d’animo e decido di scendere al paesello sottostante, al massimo cerchiamo un taxi o facciamo autostop. Seguiamo l’ottima segnalazione che ci porta a Figueras, dove Bruno fa la sua tradizionale foto al distributore di miscela per intonaci, campo della sua professione, ed entriamo poi in un bellissimo ristorante per informarci.
La simpaticissima cameriera chiamò al telefono Pepe, il barcaiolo, che confermò il suo arrivo tra circa 30 minuti. Parlando con la ragazza scopriamo che conosce il carnevale di Tesserete e addirittura aveva lavorato a pochi passi dalla ditta di Bruno! Passammo quindi in gradevole compagnia l’attesa per del nostro marinaio che ci avrebbe traghettato all’altra riva.
Traversando il fiume lasciamo la stupenda Asturia, per approdare in Galizia. Atterrati a Ribadeo, dopo un breve assaggio dei letti del piccolo ostello locale, Bruno senza tanti commenti ci fa capire che è troppo molle il letto, e quindi ci troviamo un’altro accomodamento per la notte.

10 maggio: sali e scendi in campagna

Partiti presto, dopo 2 km il sottoscritto si lascia scappare un .”c@##o”.! Per fortuna quanto pensavo fosse rimasto sul comodino dell’albergo, si trovava nella tasca del gilet, ma per un momento lo spavento fu latente e Bruno immortalò l’evento.
Notiamo una segnaletica nettamente più precisa ed efficiente, dove addirittura sono indicati km e metri per raggiungere la meta.
Il cammino si svolge in piena campagna con continui sali e scendi, per nostra fortuna il sole è spesso coperto rendendo la fatica più sostenibile. Bruno ci preoccupa, perché sembra essere diventato sidro dipendente. Verso le 16,30 arriviamo a Lourenza, una cittadina dove si notano vari impianti per la lavorazione del legno.
Vedo Bruno, sempre in avanscoperta che si informa un po’ della situazione con altri pellegrini e poi punta direttamente ad una pensione, snobbando di principio l’ostello.
Alla sera, al termine della cena, facciamo il nostro solito “briefing” per riassumere la giornata, caratterizzata da dislivelli di quasi 300 m e 29 km di cammino. Bruno rimane un po’ deluso perchè non avevano il sidro, ormai non eravamo più in Asturia, e comincia a fare strane misture di succhi di frutta e gazzosa.

11 maggio: giornata di dolori ed arco baleno

Giornata fresca e ventosa, e tutta in salita. Dopo 1 ora di cammino, ci accoglie un arcobaleno dai colori intensi fissati in uno stupendo azzurro del cielo quasi privo di nubi. Arriviamo a Mondonedo, la patria natale di san Rosendo, al quale è dedicata la cattedrale.
Colpisce anche per le enormi dimensioni in rapporto al paesino, la grandezza del seminario, che occupa almeno un quarto del perimetro del quartiere centrale. Ci concediamo una sosta prolungata per visitare la cattedrale, e ne approfittiamo per uno spuntino a base del tradizionale “bocadillo de jamon serrano”.
Ripartiamo continuando la salita più dura del previsto, anche a causa delle fiacche di Pierre e del sottoscritto. Sfortuna vuole che giunti allo squallido paese di Abadin, non troviamo alloggio, troppo lavoro per una sola notte commenta l’oste.
Per fortuna un giovanotto un po’ contrariato della poca ospitalità mostrata dal proprietario, prende il libro del telefono e ci trova un posto, ma dobbiamo tornare sui nostri passi per 2 km. Io sono distrutto ma Bruno gentilmente si carica in spalla anche il mio sacco e riparte come un“treno”.
La discreta cena ed il buon vino risollevano il morale, che viene subito smorzato dalle previsioni del tempo che annunciano per domani: freddo, vento e pioggia.
Considerando i chilometri ripercorsi per arrivare alla pensione, abbiamo totalizzato 24 km con un dislivello di 500 m.

12 maggio: giornata di sandali

Dopo una buona colazione con una invitante fetta di torta, ci incamminiamo per Villalba. Pierre, vista la grande fiacca che ha sull’alluce, parte con i sandali.
Il cammino, abbastanza monotono ma per fortuna sempre tra boschi e campagna, ci porta ad un bellissimo ponte medievale ed anche all’incontro con la prima cicogna. Più avanti ci sembra quasi un dovere, fermarci al bar Helvetia, dove mangiamo un mega panino di prosciutto crudo… tanto per mantenere le tradizioni.
All’entrata di Villalba, si presenta un bellissimo ostello, almeno dall’esterno, ma come consuetudine, lo stesso viene solo fotografato per proseguire alla ricerca di una pensioncina.
Visto che è presto, ci dedichiamo al bucato e alla cura delle fiacche. Disperata l’attesa di Bruno per la cena, qui è abitudine cenare verso le 21 e 30, quindi per una persona sempre considerevolmente in anticipo come lui, è diventata una tortura. Riassunto del percorso, 22,5 km con pochissimo dislivello.

13 maggio: giornata di pioggia e vento

Anche oggi colazione con una bella fetta di torta fresca. Nonostante un bellissimo arcobaleno sbucasse dalla pineta di fronte a noi, abbiamo messo le nostre mantelline per la pioggia che ci accompagnerà per tutta la giornata, con un vento gelido e fastidioso.
Incontriamo di nuovo un ponte antico, ma il paesaggio è monotono e spesso viene interrotto da cantieri della futura autostrada. Infreddoliti e bagnati, decidiamo di anticipare la nostra sosta notturna.
Durante la buona cena nel ristorante pieno di gente, ci accorgiamo che non quadrano i chilometri che avevo previsto, da qualche parte ne mancavano 10 all’appello!
Bruno non si preoccupa più di quel tanto e preferisce coricarsi e rimandare l’aggiornamento del diario a domani. Per la cronaca sono stati percorsi 22 km quasi sempre in pianura.

14 maggio: mancano 100 km per Santiago

Partiamo di buon’ora, consci dei 10 km da recuperare. Il tempo è piovoso, ma per fortuna il fastidioso vento del giorno precedente si è placato. Dopo pochi chilometri arriviamo al cippo indicante km 99,805 a Santiago.
Dopo una dozzina di chilometri arriviamo a Miraz e purtroppo salta il nostro tradizionale “bocadillo”, poiché l’unico bar del nucleo, non offre refezione.
Continuiamo il cammino e incontriamo un loquace “Gallego”, che mi chiede, come va? “Tutto bene a parte la pioggia”. Senza pioggia non sarebbe la Galizia rispose, e in inglese inizia a raccontami la sua vita, rimostrando contro la nuova generazione che non ha interesse a tenere in buono stato il territorio. Ci augura buona continuazione e ci comunica che mancano ancora 25 km da percorrere.
Dopo pochi chilometri la strada inizia a salire in mezzo a stupende brughiere portandoci oltre i 600 metri di altitudine. Il tempo migliora ma purtroppo la discesa si svolge tutta su asfalto, mettendo a dura prova il nostro fisico.
Incontriamo anche un bel lago sul percorso, e finalmente arriviamo a Sobrado do Monxes, con il suo monastero al centro del paese. Non troviamo nessuno all’unica pensione del paese, quindi ci presentiamo al convento che tiene l’ostello per i pellegrini.
. Dopo la toilette di routine, ci informiamo per la cena, e concordiamo con una buona anima un rientro post orario di chiusura del convento. La stessa ci indica un buon posticino dove mangiare, dove ci gustiamo veloce una cena bagnata da un buonissimo vino barricato della Galizia.
Proviamo anche un formaggio tipico della zona che spiazza un po’ il nostro Bruno, infatti era di pasta dura ma sapeva di ricotta.
Il rientro mi suscita un po’ di imbarazzo, camminiamo lungo le grandi mura esterne e come da intesa si apre una piccola porta laterale dove ci attendeva il nostro amico, che ci accompagna alle nostre stanze.
La performance del giorno era di 35 km con 220 m di salita e rispettiva discesa.

15 maggio: il mattino ha l’oro in bocca!..?

Bruno si alza presto e rumorosamente, con evidente disappunto di una coppia di pellegrini che avrebbero voluto dormire ancora un po’. Nella piazzetta davanti al monastero troviamo subito un bar per far un po’ di colazione, e veniamo serviti da una dolce e bella fanciulla.
La prima tappa è un misto tra strade sterrate e asfalto nella campagna. Verso le 11, solito spuntino con panino, e da qui in avanti solo asfalto fino ad Arzua dove pernottiamo nella pensione Teodora. L’entrata nel paese è un incontro col passato, di fatti qui si incontrano il “camino do norte” con quello “frances”.
Un po’ di emozione incominciava a sentirsi, siamo vicini alla meta, dopodomani entreremo a Santiago.
Dopo la doccia andiamo a bere l’aperitivo, con un buon albarigno, vino bianco tipico della Galizia. Segue una buona cena in una trattoria rustica che preparava piatti tipici nei tegamini di cotto.
Bollettino del giorno: 21 km con 200 m quasi esclusivamente in discesa.

16 maggio: profumo di Santiago

La giornata inizia con un mattino un po’ umido, ma poi si apre e diventa sempre più bello, e nel tardo pomeriggio diventa molto caldo. Si nota subito che il numero di pellegrini è drammaticamente cambiato.
Durante tutto il percorso fino a ieri, se avevamo incontrato una dozzina di pellegrini era tanto, ora invece se ne incontrano da tutte le parti. Il percorso è un continuo sali e scendi nella campagna, e spesso attraversa boschi d’eucalipto.
Poi incomincia il fatidico percorso lungo la statale per Santiago, che mi aveva già impressionato l’anno scorso. Lentamente ci avviciniamo all’aeroporto di Santiago col suo mitico sasso dedicato al cammino.
Scambiamo il servizio foto con due ragazze, così abbiamo anche noi la nostra foto del trio Compostelano. Consiglio ai compagni di cammino di fermarsi tra pochi chilometri a San Paio, in modo da goder al massimo domani, l’avvicinamento a Santiago
Tutti d’accordo, appena arriviamo alla pensione ci beviamo una bella bottiglia di sidro. In camera facciamo un po’ di bucato e poi una bella cenetta seguita dal birrino al bar, dove prendo i pochi appunti della giornata: 27 km con non più di 50 m di dislivello.

17 maggio: grande festa per tutti

Partiamo presto, iniziando il cammino verso il monte Gozo avvolti nella nebbia. A tratti è talmente umido che sembra pioggia. Ci aspettano 7 km fino al monte, e poi 4,5 fino al centro cittadino.
L’emozione è come quella dell’anno precedente. Le vie erano appena state lavate e c’erano ancora poche persone in giro. Fatto il giro della cattedrale andiamo all’ufficio dei pellegrini per ottenere il certificato.
Mi impressionano i visi di Bruno e Pierre, quando vedono che ho già fatto redigere una “credencial” per l’anno prossimo! In fondo pensavo, anche se non ci andrò ho speso solo 50 centesimi di euro.
Depositiamo i sacchi in albergo e ritorniamo alla cattedrale, dove rivedo con piacere la statua di san Jacopo. Questa volta la suora non canta, anzi, inizia subito a leggere l’elenco dei pellegrini, e a un certo punto dice: 2 svizzeri e uno svedese da Cudillero. Toh, ecco ce l’ho fatta anche quest’anno. Ripercorro con la mente questi giorni, ed mi rendo conto che sono veramente stati intensi.
Mi sono riemersi tutti i profumi dell’Asturia, con i vari incontri e quel tocco di antico vivere che ancora la avvolge. Mi sento di nuovo pieno di quella energia accumulata l’anno scorso, e in u n batter d’occhio la messa giunge al termine.
Girovaghiamo per la città, compriamo dei cd di musica locale, e giunti al parco ci inebria un profumo di polipo e costine alla galiziana, eravamo in un mercato: scherzo con la signora dietro il banco, perché le dico che non ho mai visto “sforbiciare” un polipo.
Ci informiamo, visto che avevamo ancora una giornata libera prima del rientro, sulla possibilità di effettuare una gita in torpedone a Finisterre, e così la organizziamo.

18 maggio: gita a Finisterre

19 maggio: rientro con nuovo battesimo

Ci rechiamo di buonora, nel buio degli sgoccioli della notte verso l’aeroporto, con ancora nella mente le forti emozioni vissute, sempre a portata di mano per quei momenti in cui hai bisogno di un po’ di conforto per affrontare la tua quotidianità spesso impregnata di situazioni dove il rispetto e l’aspetto umano vengono soppiantati da avidità ed arroganza senza confini.
Mentre viaggiavamo verso casa, parlando del più e del meno, ad un certo punto Bruno cambia espressione, e trapela evidentemente una particolare emozione, come quando si sente il bisogno di svuotare il sacco e… di botto… ci battezza appioppandoci un nuovo attributo: Pier si ritrova col nomignolo “Pà di müt” mentre il sottoscritto con quello di “Ul müt”. Da lì in poi Bruno buttò fuori tutta la sua fatica vissuta in quelle, per lui, interminabili ore di silenzio che lo assillavano durante il pellegrinaggio. E’ evidente che le parole del curato, che il Signore e la pace siano con voi, per Bruno non avevano avuto molto effetto, ma penso che comunque gli abbiano lasciato uno spunto su cui riflettere, magari in altri pellegrinaggi. Spesso non sappiamo dare il giusto peso e significato alle parole che ascoltiamo troppo superficialmente.
Magari Bruno, ha puntato più sulla relazione con me e Pier, che non sul “Signore e la pace”!