Camino Portugues


Diario di pellegrinaggio sul camino portoghese

10 maggio, la trasferta

Rispetto ai precedenti cammini, questo del Portogallo è stato più complesso da preparare. Se da parte spagnola vi sono molte più informazioni sul percorso, qui il tutto è molto più limitato e c’è molto meno documentazione al riguardo. Di grande supporto sono stati gli appunti pubblicati in internet da Flavio Vandali (che ringrazio di cuore) trovati su www.pellegrinando.it, che abbiamo utilizzato fino al confine con la Spagna. Le strutture sono quasi inesistenti ed anche la segnalazione è molto precaria, ed anche la popolazione non è molto informata, pertanto spesso è meglio semplicemente chiedere la direzione per il prossimo paese.
Si parte presto da Bergamo con un volo diretto per Porto. L’aeroporto colpisce per la sua funzionalità ed anche per i moderni mezzi di trasporto. Veniamo subito aiutati a caricare il cartoncino magnetico per spostarci con una nuovissima metropolitana, che ci porterà in centro città.
Porto si presenta un po’ trasandata, ma si percepisce ovunque la voglia di restaurare quel che antichi e prosperi momenti avevano dato a questa città, che si situa tra un continuo sali e scendi anche molto ripidi, nella zona del fiume.
Tra le tante chiese e palazzi, di colpo si aprono grandi piazze, ed anche lungo il fiume è carino.
Non elenco quanto abbiamo bevuto, perché in nessun modo confacente od appropriato ad un pellegrino.
Ma ritengo poco “gentile” non dare la giusta e meritata importanza alla squisita bevanda che porta il nome della città, quindi una visita a qualche produttore è d’obbligo.
Abbiamo pranzato, come si deve, in uno dei vari ristoranti lungo il Douro, per poi recarci tramite un vecchio ponte in ferro sulla sponda opposta, località dove si trovano le varie cantine dei produttori di porto.

11 maggio, inizia il cammino

Partenza abbastanza difficoltosa vista la scarsa presenza di frecce gialle nel centro di Porto. Dopo aver scelto di salire lungo la linea della metropolitana, a un certo punto sbirciando in una trasversale ho individuato la chiesa la Signora del Lapa, che veniva menzionata sul mio foglio. Da questo punto via il percorso era ben segnalato.
La città sembrava mai avere fine, arrivati a Maio (comune dell’aeroporto) si nota una interruzione quasi impercepibile perché inizia un susseguirsi di villaggi molto vicini uno all’altro. A San Mamede de Infesta veniamo accolti da assordanti botti e ci invitano ad abbandonare il sentiero e passare dalla strada principale
Una fiumana di persone stava seguendo la processione, con tanto di banda e stendardi, e tutto il paese era decorato a festa. Usciti dal nucleo del paese ritroviamo le nostre mitiche frecce gialle che ci accompagneranno per i prossimi giorni.
Un particolare che noto, è che quasi ogni paese ha un campanile che intona a suon di campane ave..ave..Maria, e che ad ogni quarto ne suona un pezzetto per poi completarla all’ora piena. Non tutti i paesini possono permettersi campane vere, quindi quasi sempre sono registrazioni ancora effettuate su cassette stando al rumore di sottofondo.
Il ritornello è comunque contagioso, perché inevitabilmente continuavamo a ripeterlo, chi mentalmente… chi canticchiando. A Covelas decidiamo di fermarci per la notte.
Mi sentivo il principe sul pisello, in compagni dormivano su dei materassi per terra mentre io potei usufruire di un letto molto kitch. La signora ci preparò una lauta cena, molto particolare per le nostre abitudini, ma che avremmo ritrovato spesso nei vari ristoranti.
Unico invece il dessert, preparato con ciliegine selvatiche sciroppate, ma la sorpresa più grande fu il conto, la spesa fu talmente esigua che ci sentimmo in dovere di lasciare una buona mancia, ma la realtà era che è una zona molto povera, e quindi i prezzi erano considerevolmente diversi rispetto a Porto.
Km: 43 passi: 56525

12 maggio Incominciamo ad ambientarci

Giornata micidiale, 44 km prevalentemente su pavè. Seguendo il percorso del cammino, che rimane un po’ discosto dalle arterie principali, sembra quasi che dai tempi dei romani non vi siano stati dei grandi cambiamenti a livello stradale, ma bisogna anche dar atto che sono stati fatti anche degli sforzi per cercare di non intaccare questa testimonianza, ed in alcuni tratti troviamo dei cartelli che illustrano il progetto di riattazione avvenuto per quella specifica zona. Sta di fatto che camminare su questo terreno, col peso del sacco, non è uno scherzo.
Ci accompagna il suono delle campane col tradizionale ritornello dell’Ave Maria. Anche l’abbaiare dei cani non mancava. Ci ha pure colpito la sfrenata attività edilizia che si riscontra passando dai vari paesini, dove si incontravano spesso case vuote di recente fattura, costruite anche in zone impensabili.
Leggiamo sulla guida, che volendo si può accorciare il percorso lungo la statale, ma Bruno rimane fedele al nostro freccione giallo e incomincia a salire la collina che sembrava interminabile. Essendo un po’ stanchi ci informiamo su qualche possibilità d’alloggio, ma scrollavano inesorabilmente la testa accompagnato dal tipico gesto “adelante, adelante”. Alle porte di Braga, incontriamo una gentilissima persona che ci accompagna per 2 km fino alla porta dell’albergo che riteneva di giusto livello per le nostre esigenze.
Per Bruno fu un tocca sana perché poté finalmente chiacchierare senza tregua, sulle usanze e la vita del posto. Dai racconti del nostro cicerone, si percepiva una certa tristezza ed amarezza, perché durante i preparativi per i campionati di calcio, la zona era molto attiva e intraprendete, ma poi tutto fini, e la città è ripiombata nella sua, secondo lui, “tragicità” abituale.
Ceniamo in albergo e scegliamo tutti “ el plato do rei”. Quando arrivò era un “deja vu” ed era la tipica braciola di maiale con sopra lûovo al tegamino, un mucchietto di riso e le patate fritte con un po’ di giardiniera, bè almeno adesso sapevamo come si chiamava il piatto tipico della zona.
Dopo cena curiosiamo un po’ per il centro, e effettivamente era l’unico quartiere un po’ interessante, con la sua imponente cattedrale e una grande caserma lungo la strada principale.
La giornata da Covale a Braga ha comportato circa 56’500 passi e 44 km.

13 maggio Compleanno del Bruno

Il clima non prometteva granché, poi invece ecco uscire il sole. Sulla nostra guida si consigliava di prendere la corriera per i primi 7 km, perché la strada era strettissima e priva di marciapiede. Nel via vai di corriere e gente riusciamo a focalizzare dove prendere quello diretto a Prada.
Giunti all’ultima fermata, ci troviamo davanti ad uno stupendo ponte romano che ci porta nel centro del paese. Non capivo se era giorno di mercato o se tutti i giorni i contadini vengono a vendere i loro prodotti.
La sciato il paese alle spalle la giornata prosegue con un continuo sali e scendi nella campagna, e dopo 34 km di fatica, giungiamo a Ponte de Lima, piccola cittadina molto carina in riva a un fiume con il classico ponte romano, molto frequente in queste zone.
Alla sera festeggiamo il compleanno di Bruno con una grande paiella, e come gran finale un bicchierino di porto invecchiato 10 anni. Intanto aveva iniziato a piovere a dirotto, lasciando presagire niente di buono per l’indomani.

14 maggio Ponte Lima – San Roque

Giornata da mantellina, peccato perché la zone era molto bella, con stupende brughiere di ginestre che contornavano uno stupendo paesaggio montano. Attraversiamo lo stupendo ponte la quale lunghezza sembrava sproporzionata rispetto al fiume, ma a giudicare dagli argini, può assumere dimensioni ben più grandi
Il percorso abbandona quasi subito le strade asfaltate e ci troviamo subito a saltellare qua e la per il percorso, per evitare le pozzanghere. Per nostra fortuna inizia il percorso montano, e quindi bisogna solo evitare i ruscelletti.
Di colpo diluvia e cerchiamo riparo in una pensioncina nel paesino di San Roque. Nell’atrio ci togliamo tutto l’armamentario antipioggia, scarponi compresi, e saliamo in camera per appendere il resto dei vestiti un po’ umidicci.
Abbiamo fatto solo 18 km, ma visto il tempo erano più che sufficienti. Purtroppo la pensione non aveva ristorante, ma la signora ci disse di essere pronti per le 7 e 30, che sarebbe arrivato qualcuno a prenderci.
Con altri ospiti della pensione saliamo su un furgone privo di panche e cerchiamo di trovare un angolino per sederci. Dopo qualche chilometro di strada ci troviamo in una grande trattoria con altri pellegrini. La cucina è molto casalinga ma buona, e dopo qualche bicchiere di vino l’ambiente incomincia a scaldarsi e trascorriamo una divertente serata.

15 maggio Il tempo migliora

Il mattino si presenta con una gran coltre di nebbia, ma fattore molto importante, non piove. Mi ritrovo con il piede destro gonfio e un tipico dolore di tendinite. Iniziamo il nostro cammino che attraversa una zona poco interessante per avvicinarci al confine spagnolo.
Dall’alto, nel tardo pomeriggio, scorgiamo il fiume che fa da confine, e attraversiamo un grande ponte in ferro che ci porta in Spagna.
Ci fermiamo per una spuntino, e costatiamo che i prezzi sono quasi triplicati rispetto al Portogallo. Solo i medicamenti presi per la tendinite, hanno un prezzo contenuto rispetto ai nostri.
In albergo ci ritiriamo in stanza, e a gran sorpresa siamo chiusi dentro, avevano montato la maniglia al contrario ed era un po’ complicato spiegare alla ricezzionista che qualcuno doveva venire ad aprirci la porta.
Risolto il caso, bighelloniamo per la cittadina di Tuy, che si presenta più animata rispetto a quelle portoghesi. Saldo della giornata, ca. 21 km.

16 maggio Indigestione di asfalto

Giornata stramba, quasi tutta sulla strada principale, ma Pier cantava e cercavo di seguirlo, per non pensare troppo alla mia gamba dolente. La giornata era calda e l’asfalto a sua volta cercava di scaricare il suo calore nell’aria.
Attraversiamo Oporrino, e decidiamo di proseguire per Mos, visto che la tendinite non si lamentava troppo.
C’era solo l’ostello, ma era pulito ed accogliente. Era pieno di ragazzi che stavano seguendo un corso di sopravivenza, simile ad un corso di economia domestica, con basi d’igene e consigli vari per risolvere comuni problemi che possono capitare nella vita quotidiana.
Per gran gioia di Bruno troviamo l’ultima bottiglia di sidro, e dopo aver preso del pane, salumi, formaggio, pere e vino, la signora ci disse di pur utilizzare il tavolo sulla terrazza davanti il suo negozio, visto che l’aveva aperto solo per noi.
I ragazzi avevano terminato il loro corso, e quasi di botto il paese si immerse in una calma che conciliava al sonno. Quindi presi i mie appunti sui 25 km percorsi e i 35674 passi effettuati, mentre Bruno era già palesemente partito per il mondo dei sogni.

17 maggio Che scorpacciata…

Giornata di Sali e scendi, accompagnata dal suono di campane ma nessun bar aperto. Verso le 11, entrando a Redondela finalmente ne troviamo uno aperto. Dopo un continuo qua e la, dall’alto scorgiamo il mare, e una baia piena di pali e galleggianti per l’allevamento di molluschi.
Verso le 15 arriviamo ad arcade, piccolo paesello di pescatori e decidiamo di fermarci per la notte. Aperitivo in zona porto, per poi andare dal “Rey do mariscos” per mangiare un mega piatto di crostacei e molluschi freschissimi, che festa, e specialmente per il sottoscritto, visto che i compagni ritenevano che per lo sforzo fatto, dai granchi si ricavava troppo poco. Con calma riuscii quasi a terminare tutto, mentre Bruno, dimentica di comandare l’acqua e dopo un po’ si accorge che incominciavano a scaldarsi le orecchie, bèh… sono andate 4 bottiglie di albarigno gli faccio notare.
L’oste comunque contribuì anche lui, poiché era molto cortese ed ospitale, e ci fece provare anche formaggio e grappe locali, tanto non dovevamo guidare…
I compagni di camino, nonostante non avessero fatto una lauta cena, erano molto compiaciuti che io l’abbia gustata così tanto e andammo tutti felici a coricarci, con alle spalle solo 17 km e circa 23’000 passi.

18 maggio Qualche rovescio isolato

Partiamo attraversando un bel ponte romano per salire in collina. Dopo qualche chilometro inizia un po’ di pioggia, ma rispetto quanto vissuto precedentemente, diciamo una cosa sostenibile. Appena fa capolino il sole incomincia subito a fare caldo.
L’asfalto incomincia di nuovo a predominare e dopo 25 km incominciamo a cercare il posto per pernottare. Giriamo per il paesotto, ma niente. Poi ci indicano un agri turismo. Telefoniamo alla padrona che ci dice che è per strada, e difatti dopo pochi minuti arriva. Quando scende dalla macchina ci saluta con gioia e un bacio, Bruno pensava già “bella, sem aposct, em truva da dormi”, ma purtroppo non fu così, aveva ancora gente che partiva la sera stessa, ma non sarebbe stata una partenza imminente.
Continuammo la nostra ricerca proseguendo il nostro cammino su uno stradone trafficato e senza fine. Bruno, penso senza accorgersi, ingrana la quinta e dopo un po’ non si vede più. Confidai a Pier che dovevamo organizzarci con delle radioline, per permettere a Bruno di scorazzare liberamente e così non perderci di vista, ma certo che per un pellegrinaggio mi sembrava ovviamente fuori luogo una soluzione del genere.
Arriviamo ad un capannone dove Bruno chiede informazioni ad un gentilissimo signore che poi ci porta col furgone davanti all’ostello di Briallo. Bello e pulito, incontriamo 3 simpatici pellegrini spagnoli, che ci raccontavano di un lauto pranzo avuto in un parco naturale a pochi chilometri dall’ostello.
Il 1,5 km preventivato si concretizzò poi in 2,6 km, ma ne valeva veramente lo sforzo, anche se poi dovevamo farne altrettanti al ritorno. Il posto era da favola, con un grande parco dove passava un bel fiume con una piccola cascata e un mulino riattato ed adibito ad osteria. Dopo una buna cena, Bruno aveva sonno e rimise la quinta marcia e prese una piccola scorciatoia notturna che nei campi bagnati e senza pila allunga un po’ il percorso, ma niente di grave.
Senza includer il tratto fatto per cenare, abbiamo percorso 29 km con quasi 41’000 passi

19 maggio Passiamo dalle terme

Ritorna bel tempo, ed il percorso è bello. A Caldas de Rey facciamo una signora colazione, con capuccio e mega brioches. Continua il percorso lungo dei bei fiumi, Bruno è preso con telefonate varie per organizzare l’asfaltatura del cortile.
Ci fermiamo per il tradizionale panino, e per grande soddisfazione e gioia di Bruno l’accoglienza della signora del baretto era molto apprezzata, in quanto era molto loquace ed ospitale e continuava a parlare e so solo che dopo il 4° grappino, uno diverso dall’atro e prodotto dal marito, consigliai di proseguire prima di trovarci a dover smaltire un mal di testa a metà della giornata.
Verso sera raggiungiamo Padron, famosa per il gigantesco mercato del pesce ed i piccoli peperoni verdi proprio chiamati “peperoni di Padron”. Buona cena a base di bebi totani in umido e merluzzo. Purtroppo le lenzuola della pensione erano umide e Bruno si prende il mal di gola.
Riassunto, 25 km e ca. 36’000 passi.

20 maggio Rotta per Santiago

Ultima tappa e giornata calda. Percorso sempre in leggera salita e privo di posti di ristorazione. A grande sorpresa, mentre Bruno dà le ultime istruzioni per l’asfaltatura, Pier inciampa… in un bel porcino che viene subito immortalato con macchina fotografica e cellulare per spedire un MMS all’amico “fungiat” Ghio.
Finalmente troviamo un centro abitato fornito di bar. Bruno era al 7° cielo, c’era la mitica sidra alla spina, servita in un calice tolto dal congelatore, una libidine che ci riportava con la memoria al cammino dell’anno precedente, in Asturia, dove viene prodotto questo nettare di mela.
Incominciamo ad intravvedere in collina dall’altra parte Santiago. Passiamo da un “giga” cantiere di case d’appartamento e avvicinandoci verso il centro, cerchiamo di localizzare la stazione, punto di riferimento per l’albergo dove abbiamo dormito l’anno scorso. Mentre sbrighiamo la parte burocratica, la signora ci racconta che aveva lavorato ad Ascona.
Verso sera bighelloniamo per le strade del centro per cercare un ristorante per cenare, e la fortuna ci porta al caffè Jacubus, dove gustiamo una bella costata e del buon vino. Prima di coricarci annoto 27 km e 38’000 passi, escluso il giro cittadino.

21 maggio Routine di chiusura

Dopo la colazione al nostro “solito” bar, ci rechiamo all’ufficio del pellegrino per riscuotere il certificato. C’è già coda e aspettiamo il nostro turno sulle scale. Prendo già una “credencial” per il prossimo cammino, e mi chiedono quale avevo intenzione di fare. Risposi che non ero ancora deciso tra il Camino antigo o Camino de la plata, e il ragazzo mi procura informazione per entrambe i percorsi.
Giriamo ancora un po’ per le strade del “magico e mistico” centro cittadino per poi recarci con largo anticipo verso la cattedrale, per seguire la messa dedicata ai pellegrini.
Mentre attendiamo mi colpisce un gruppo di pellegrini tedeschi, che vistosamente coltivavano ancora il fascino per la divisa, erano tutti vestiti allo stesso modo, con pantaloni o gonna blu scuro e la camicia di un blu elettrico. Durante la messa si esibirono poi in un canto.
Non sembra possibile, ma nonostante fosse la terza volta che mi trovo seduto in questa cattedrale, l’emozione era ancora fortissima. Devo ammettere che l’avvicinamento da est alla città è molto più suggestivo rispetto a quello dal sud, ma l’energia che ti penetra da tutti i pori del corpo, quando ti trovi nella cattedrale, è sempre la stessa. Anche il “2 svizzeri ed un svedese da Porto” ti sorprende ancora, ma il “bottafumeiro” è la ciliegina.
Questo grande incensorio che richiede 5 persone per farlo oscillare per il lungo dell’altare, penso sia sempre una cerimonia stupenda da poter rivivere.
Nonostante sia già li da quasi 2 ore, il tempo è volato, e la mente ha frullato proprio di tutto in questi intensi istanti, e la presenza del superiore è latente ed emozionante, e ti rincuora e rinfranca come in tutte le occasioni che lo percepisci, ma in questo particolare momento è magari più facile da ricordare, e farlo riaffiorare quando momenti meno felici, richiedono una spintarella per affrontarli più serenamente, facilitando di scavalcare rancori ed ingiustizie che l’umanità sembra aver sempre a portata di mano.